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Truffe e inganni di un governo illegittimo che scherza col fuoco

democrazia-italia_530x0_90Un Parlamento eletto con una legge giudicata illegittima con gravissimo ritardo (8 anni!) dalla Corte Costituzionale, guidato da un governo di “larghe intese” che non riesce a fare granchè e quello che fa viene giudicato illegittimo dalla magistratura. Ecco lo splendido scenario (sigh!) in cui il popolo italiano si trova alla fine di questo 2013.

E nel frattempo milioni di persone sono oramai ridotte alla povertà, senza un lavoro e senza prospettive, i giovani sono costretti a emigrare per cercarsi un futuro, l’economia è allo sbando senza uno straccio di piano industriale e con migliaia di aziende che chiudono le attività strangolate dalle tasse e dall’ignavia della burocrazia oltre che dalla scarsa competitività sul mercato globalizzato, i beni culturali ereditati dalla gloriosa storia del Paese che si sbriciolano (vedi la triste realtà di Pompei dove ogni settimana crolla qualcosa), i servizi, i trasporti, le scuole, la sicurezza, la sanità che hanno smesso di funzionare anche ai livelli minimi a cui erano ridotti.

Ecco allora che scende in piazza il popolo dei “forconi”, inneggiando alla rivolta, gridando un “tutti a casa” che non ha nulla da proporre, se non  la sempre crescente rabbia della gente, che finisce in preda al populismo più becero, degno dei fascisti che li infiltrano (basta vedere quelli che vanno alle manifestazioni con gli Hummer per capire…) per rimestare nel torbido con un’altra marcia su Roma…

Non c’è che dire: siamo proprio messi bene…

E i nostri “cari leader” che fanno? Silvio è in geriatria a leccarsi… le ferite in attesa del prossimo colpo, Alfano giudica di “estrema sinistra” Renzi (da non crederci) che a sua volta gioca a stuzzicare Grillo  che è alle prese con tentazioni autoritarie nonostante le cose (molto poche) buone che il Movimento è riuscito a fare. “Se vuoi che rinunciamo al finanziamento pubblico, firmale riforme con noi!” Gli ha urlato dal palco dell’incoronazione a Segretario del PD. Ma scherziamo? Non gli risulta che i rimborsi elettorali siano stati giudicati illegittimi dalla Corte dei Conti (“tutte le disposizioni impugnate, a partire dal 1997 e, via via riprodotte nel 1999, nel 2002, nel 2006 e per ultimo nel 2012, hanno ripristinato i privilegi abrogati col referendum del 1993, facendo ricorso ad artifici semantici, come il rimborso al posto del contributo; gli sgravi fiscali al posto di autentici donativi; così alimentando la sfiducia del cittadino e l’ondata disgregante dell’antipolitica”,  Procuratore del Lazio della Corte dei Conti, Raffaele De Dominicis, sollevando la questione di legittimità costituzionale di tutte le leggi, a partire dal 1997, che hanno reintrodotto il finanziamento pubblico dei partiti)?

“La violazione del principio di parità e di eguaglianza tra i partiti e dei cittadini che, per mezzo dei partiti stessi, intendono partecipare alla vita democratica della Nazione. Infatti, – continua il procuratore – i rimborsi deducibili dal meccanismo elettorale risultano estesi, dopo il 2006, a tutti e cinque gli anni del mandato parlamentare, in violazione del carattere giuridico delle erogazioni pubbliche, siccome i trasferimenti erariali, a partire dal secondo anno, non solo si palesano come vera e propria spesa indebita, ma assunti in violazione del referendum dell’aprile 1993″. La differenziazione degli importi dei “rimborsi” dopo il primo anno dalle elezioni “si configura arbitraria e discriminatoria perché consolida la posizione di vantaggio solo di quei partiti che hanno raggiunto la maggioranza politico-parlamentare”

Una truffa con destrezza, caro Renzi, che il PD della svolta dovrebbe correggere immediatamente se fosse vera anche solo parte delle buone intenzioni. Altro che chiederei contropartite! E, visto che ci sei, di a Letta che l’alibi è stato trovato e, dunque, si può parlare serenamente di argomento archiviato, almeno per i prossimi sei mesi, se non di più. La legge sul finanziamento pubblico ai partiti, senza la quale, solo pochi mesi fa, sembrava che il governo fosse pronto a mettere a ferro e fuoco il Parlamento, adesso è diventata “sub giudice”…

I “rimborsi”, intanto, continuano a botte di cinque anni, sempre a gonfie vele anche se la cifra che si sono intascati i partiti fino ad oggi, vista anche la crisi, è di  2,7 miliardi di euro, nonostante 31 milioni di italiani, nell’aprile del 1993, avessero votato di non dargli più una lira. E poi ricorda a Letta che nel suo decreto legge sono contenute una serie di storture che non risolvono assolutamente il problema così come impostato dal giudice contabile alla Consulta. Si prevede, infatti, l’iscrizione dei partiti che possono depositare il proprio nome nell’apposito registro e accedere al finanziamento, mentre altri no (guarda caso, i Cinque Stelle, perché non hanno lo Statuto), ma a pagare è sempre lo Stato, cioè i cittadini! Per l’anno in corso e i prossimi tre anni, l’esborso sarà sempre forte: nel 2014, 91 milioni di euro; 54 milioni e 600mila per il 2015; 45 milioni e mezzo per il 2016 e per il 2017 circa 36 milioni 400 mila. A queste somme si aggiungono le donazioni dei cittadini che potranno dare il due per mille mentre il tetto del finanziamento da parte dei privati è stato innalzato, alla fine, fino a oltre 100mila euro.

Insomma, l’ennesimo modo per aggirare la volontà popolare…

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Chi ha paura del Movimento?

Il Movimento Cinque Stelle cresce, a Parma raggiunge il ballottaggio, a Genova lo sfiora e si attesta dappertutto come una realtà della politica nazionale in questa tornata parziale di elezioni amministrative. Eppure ascoltando i commenti  a caldo, il ritornello è sempre lo stesso: antipolitica, voto di protesta, populismo. E’ mai possibile che nessuno si fremi a riflettere su quanto sta accadendo? C’è chi ha colto un parallelismo con la nascita della Lega, ricordando il 1992 e quell’aula piena di  cittadini prestati (allora) alla politica: Bossi, Maroni, Borghezio, Speroni, Rosy Mauro erano tutti li, sconosciuti alla ribalta come lo era quel Castelli che dichiarò che avrebbe fatto politica per massimo 5 anni perchè lui era un ingegnere e voleva continuare a fare il suo lavoro (magari poi lo avesse fatto…). Il radicamento sul territorio era in effetti simile a quello che si riscontra adesso con il Movimento, si usciva da una crisi istituzionale (Mani Pulite) che aveva distrutto il sistema dei partiti della Guerra Fredda e anche allora si gridò al voto di protesta. Allora però votava il Paese e non la metà degli elettori come accade adesso e le argomentazioni xenofobe dei leghisti erano un elemento di rottura che riportava a una visione particolarista della società, agli interessi di un Nord destabilizzato dall’improvvisa mancanza di supporto politico per le sue commesse industriali. Poi, infatti, con la restaurazione berlusconiana del sistema, abbiamo visto tutti come è andata  a finire ed il marcio che la Lega ha nascosto per anni (e credo si sia solo all’inizio delle scoperte…).

Il Movimento è un’altra cosa: ha un programma chiaro (basta andare sul sito per visionarlo integralmente) senza argomentazioni xenofobe o particolariste sia in senso geografico che di interessi, non propone rivendicazioni basate su mitologie storiche per darsi un corpo. Al contrario si basa sulla gente che grazie al potere straordinario della rete ed alla popolarità del personaggio Beppe Grillo ha trovato la maniera di aggregarsi e di esprimersi, organizzandosi per cambiare le cose nel Paese partendo dalla restituzione della democrazia alla popolazione.

Antipolitica? Ma facciamola finita… questa è la politica, quella che non passa attraverso le segreterie dei partiti, ma il consenso popolare, che non usa il finanziamento pubblico o rimborso elettorale che si voglia chiamare per finanziare le proprie attività, che si batte senza guardare in faccia i potentati, che non ha paura di urlare la propria rabbia per le condizioni in cui versa il Paese, che non accetta di far pagare l’enorme debito contratto dal sistema a quella gente che invece non ha accumulato una lira (o un euro, fate voi…) di debito personale per tutta la vita. L’Articolo 49 della Costituzione da ai cittadini la facoltà di riunirsi costituendo movimenti e partiti (la differenza è sottile) per gestire la cosa pubblica e per poter far questo ci sono tutta una serie di condizioni e vincoli che il Movimento ha rispettato alla lettera, contro tutto e tutti, ma con la forza propulsiva inarrestabile dei movimenti popolari. C’è un esempio eccellente che ha cambiato la storia che ha seguito lo stesso percorso: Obama, altro che la Lega.

Vi ricorderete tutti come fosse dato come agnello sacrificale dello strapotere del clan di Clinton e poi perdente contro un Partito Repubblicano perchè di colore e senza una grande storia personale. Eppure lui parlava alla Rete, raccoglieva consensi perchè parlava ed ascoltava la gente, riavvicinava i giovani alla politica rendendoli partecipi del programma e alla fine ha stravinto. Era antipolitica quella di Obama? O quella del Movimento lo è perchè predica lo scioglimento dei partiti (cosa che succede spontaneamente sotto il peso della corruzione e dell’indegno sistema che hanno creato (o lasciato creare nel caso della sinistra) a causa dell’imbarazzante incapacità di governare della loro classe dirigente, chiusa ed oggi  asserragliata nei loro palazzi e nei loro privilegi medievali? Il Movimento è un fenomeno importante perchè segna una svolta nella maniera di fare politica in Italia, altro che antipolitica. I risultati li vedremo, adesso che conquisteranno posizioni di amministrazione (statene certi), ma vi prego smettetela di dar retta ai media asserviti alla politica della casta, ai La Russa, Gasparri, Berlusconi e compagnia varia, e guardate con attenzione quello che sta succedendo, perchè forse per la prima volta in Italia sta succedendo qualcosa di veramente nuovo.

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Balla con Grillo

“Ma che stiamo facendo?” ha detto Beppe Grillo dal palco della sua Woodstock di fronte a decine di migliaia di persone. Immagino che il tono fosse retorico, compiaciuto per il successo popolare della manifestazione e del movimento che ha creato, ma mi piacerebbe andare in profondità su quella domanda pleonastica.

Personalmente sono in quasi totale accordo sui contenuti del movimento Cinque Stelle. La necessità di organizzare quella maggioranza dell’Italia che non vota, che non si riconosce più nella capacità innovatrice o semplicemente di gestione della cosa pubblica da parte dei partiti tradizionali (che cambino o no veste non conta…) è essenziale per cercare di dare una svolta al nostro Paese. Le riforme che sono elencate nel programma (visibile a tutti nel sito di Grillo) sono nella stragrande maggioranza ovvie, giuste ed auspicabili ed anche la decisione di non schierarsi a destra o a sinistra (nonostante il tentativo di Grillo di iscriversi al PD e concorrere alle primarie) è condivisibile stando alle premesse “super partes” di cercare di riportare l’Italia sulla via di uno sviluppo equo, sostenibile per tutti.

Non sono tuttavia affatto in accordo sui metodi che Grillo usa. La sua immagine di comico (anzi direi di giullare di corte, inteso nella versione nobile che Dario Fo ha dato alla parola) deve essere offuscata se vuole raggiungere la gente in numeri necessari per poter effettivamente cambiare le cose. Chi non arriva alla fine del mese ha bisogno di fidarsi nella leadership di un movimento che vuole cambiare le cose, per non affidarsi ancora una volta a che usa le parole per affabulare il prossimo. La kermesse che ha organizzato, tra canti, balli ed estemporaneità attrae inevitabilmente i ragazzi e parte di quelli che hanno vissuto il sogno di cambiare il mondo negli anni ’60-’70, ma non credo riesca a toccare chi vive la violenza di questa “fine-crisi”, quelli che hanno perso il lavoro, quelli che sopravvivono a stento ogni mese e tanto meno gli imprenditori che lottano per non chiudere l’impresa, gli anziani e tutta quella classe media che ha votato Berlusconi perchè potesse cambiare l’Italia e oggi si trova sgomenta ad assistere alla caduta del Re Sole. E’ proprio questa la posta che Grillo deve considerare.

“Non siamo più il popolo del Vaffa Day” ha detto dal palco “Adesso esistiamo davvero”; e allora mi auguro che cominci a pensare in termini strategici per cambiare davvero le cose senza scadere nel bieco populismo (di cui io francamente non mi fido affatto) peronista. Come quando inneggia alla distruzione di tutti i partiti: cosa propone come alternativa? Chi può credere nello smantellamento di un sistema senza la proposizione di alternative solide e condivise dalla maggioranza del Paese? Non è questo il cardine di una la democrazia di cui si dice innamorato? “Non la penso come te, ma lotterò fino alla morte perchè tu abbia il diritto di dire quello che pensi” dissero i padri del sistema democratico e personalmente credo che questa sia la strada maestra su cui muoversi ancora oggi, sfidando, smascherando, umiliando il potere attuale con la forza delle idee e dei fatti e non impedendogli di parlare, come hanno fatto i suoi con Schifani qualche giorno fa.

I partiti non vanno distrutti, vanno sfidati dall’interno, seguendoli nella stessa radice della loro natura: la gente. Questo Grillo lo può fare, visto il seguito che ha e quello che potenzialmente può ancora raccogliere in questa melma che avvolge la Seconda Repubblica, ma deve accettare di giocare la stessa partita, senza cadere nella tentazione di sbeffeggiare tipica del giullare di corte o insultare gli avversari come fanno i populisti alla Bossi.

Un’ultima considerazione: è vero che in Italia sembra che piaccia la persona forte e che la politica ricalchi la società in cui opera. Ne abbiamo esempi storici come il Partito Fascista di Mussolini, il PSI di Craxi ed oggi Berlusconi, Fini, Casini, Bossi, Di Pietro che creano movimenti a loro immagine e somiglianza, che non prendono linfa ed esistono solo perchè esiste il loro leader, a prescindere da ideologie (che forse non esistono più) o da obiettivi che trascendono la personalità che li guida al momento. Si può pensare ad un PDL senza Berlusconi, o una Lega senza Bossi? Forse, ma molto probabilmente no. Secondo me, Grillo farebbe molto bene ad evitare di fare altrettanto e dare al movimento un’identità duratura che non sia centrata sulla sua personalità e sulle sue geniali intuizioni.

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